Il rompicapo della privacy

Siamo tutti spiati!“, “La nostra privacy non conta nulla!“, “Ormai non c’è più distinzione tra vita pubblica e privata!“. Queste sono le classiche frasi che ci tocca ascoltare ogni volta in cui durante una chiacchierata al bar o un’allegra cena di famiglia si finisce per parlare di dati e di privacy.

Spesso però queste frasi non bastano a esprimere quali sono gli effettivi problemi, come analizzarli e, possibilmente, risolverli. Vista il mio profondo interesse per il tema ho iniziato a leggere, cercare e studiare per voler capire meglio quello che sta succedendo. Questo è quello che ho trovato.


L’incontro con Soshana Zuboff

Il momento in cui tutto è iniziato è stato il giorno in cui mio padre torno da una libreria e portò a casa un librone di più di 600 pagine me lo poggiò sul tavolo dicendo che il libraio glielo aveva consigliato in seguito a un piccolo scambio di opinioni riguardo i temi trattati. Quel libro mi aveva in un primo momento spaventato per la sua mole non indifferente di contenuto, ma anche profondamente incuriosito. Inutile dire che quell’opera è rimasta a prendere polvere per mesi sulla libreria.

Questo finchè navigando nell’Internet mi imbatto in un’intervista davvero molto interessante ad una donna sulla sessantina, con dei bei capelli ricci grigi. La donna era sicuramente molto simpatica anche se non diceva cose molto belle: spiegava come quelli che lei chiama i “capitalisti della sorveglianza” usano i dati dei propri utenti per poter guadagnare all’insaputa degli stessi.

Quella donna era proprio Soshana Zuboff, accademica e scrittrice statunitense, nonchè autrice di una pietra miliare della letteratura sulla privacy, “Il capitalismo della sorveglianza“. Proprio quel libro era il mattone di pagine che mio padre mi portò quel pomeriggio. Soshana mi aveva stregato con il suo metodo semplice e puntuale di spiegare questi problemi e per questo iniziai a leggere la sua opera.

Inutile dire che mi ha letteralmente cambiato la vita.


Nella tana del bianconiglio

If you have nothing to hide, then you are nothing

∼Shoshana Zuboff

La lettura dell’opera è stata illuminante e a dir poco sconvolgente per le implicazioni delle sue affermazioni. Il libro fa una grande panoramica degli strumenti adottati dalle Big Tech dal passato fino ad oggi per costruire un meccanismo di portata industriale di produzione e rivendita di dati e informazioni.

Il primo capitolo parte dalla nascita dell’iPhone e arriva, nei capitoli successivi, agli assinstenti vocali, passando per smartwatch, giocattoli per bambini e console che sono tutti collegati a questa mastodontica e a tratti diabolica macchina da soldi.

Il volere però della Zuboff non è solo quello di fare allarmismo, anzi. Nei vari capitoli propone anche degli ottimi spunti per appronfondire non solo tecnicamente ma anche filosoficamente la radice delle sue affermazioni cercando di smuovere un dialogo in mezzo al suo pubblico.

Questo libro è principalmente un manifesto al diritto sulla propria identità di utenti, più che una predizione di sventura.

Certo, nellala visione che l’opera ci descrive, al momento la situazione è molto critica e le soluzioni per uscirne sono lunghe, complesse e difficili da attuare. Il testo però fa trasparire una consapevole e determinata speranza nei confronti di un cambiamento positivo in tali tematiche.


Modelli per interpretare la realtà

Un’altro importante punto fondante delle teorie dell’opera sono i nuovi modelli concettuali che l’autrice usa per far comprendere dinamiche complesse semplificandole al lettore.

Il concetto più importante è il surplus comportamentale, il nuovo “oro magico e invisibile” dei capitalisti della sorveglianza.

Ripreso dalla concezione del capitalismo di Marx, il surplus comportamentale è quella parte di dati superflua per il funzionamento dei prodotti e servizi delle Big Tech ma che può essere usata per creare denaro dalla loro “raffinazione e rivendita” agli inserzionisti. L’ottenimento del surplus è causa principale della nascita del capitalismo della sorveglianza e l’attività su cui si basano tutte le scelte che i suoi partecipanti fanno.

Altro paradigma fondamentale dell’opera è il cosiddetto “testo ombra“, ovvero tutte quelle informazioni che noi utenti non vediamo direttamente ma che immettiamo all’interno dei prodotti e dei servizi dei capitalisti che vengono poi processate e trasformate in surplus comportamentale.

La cosa più inquetante del testo ombra è che attraverso di esso si può ricostruire un identikit notevolmente dettagliato della persona che lo ha prodotto. Il testo ombra traccia di tutto: abitudini alimentari, ambienti frequentati, situazione affettiva e/o economica, preferenze politiche ecc. Questo identikit è proprio ciò che viene venduto agli inserzionisti per targettarci con pubblicità e offerte mirate.

Forse, però, il problema reale non è stato ancora compreso. La domanda importante, infatti, è: “Cosa implica questo sistema a me utente finale? Cambia la mia vita in qualche modo?


Le conseguenze del capitalismo della sorveglianza

Per rispondere a questa domanda farei un piccolo esempio.

Miriam è una grande appassionata di pizza e vuole mangiare la pizza migliore della sua città. Lei non lo sa, ma la pizza migliore della sua città è in centro affianco a una caffetteria. Purtroppo, però, Miriam per andare a mangiare fuori si affida spesso a quello che dice Google, come molti. La pizzeria migliore della città non paga per ottenere un miglior posto nella “gara delle ricerche” di Google e Miriam non andrà mai in quella pizzeria.

Questo era solo un piccolo esempio ma se ne possono fare tanti altri come la propria opinione alle elezioni politiche, l’acquisto dei migliori attrezzi per fare palestra o il miglior abito per il proprio matrimonio. Tutte occasioni in cui le nostre scelte sono importanti e possono essere mediate da quello che vediamo sui social o quello che cerchiamo su Internet.

È qui che i mostri nell’armadio diventano spaventosi: quando capiamo che il capitalismo della sorveglianza non è più passivo ascoltatore ma attivo manipolatore delle nostre vite.

Quello che queste aziende hanno costruito in questi anni non è altro che l’ennesimo modo per dare potere al denaro di poter decidere per le vite altrui, aggiungendo a questo potere l’incosapevolezza del soggetto manipolato.


Un primo passo per potersi liberare

La cosa che può darci una mano a cambiare la situazione che abbiamo appena descritto e a liberarci da questi sistemi è la conoscenza e la consapevolezza di questi problemi. Vorrei, quindi, consigliarti di leggere “Il capitalismo della sorveglianza” e altri contributi di Soshana Zuboff ( sito ufficiale ) assieme ad un’altro progetto portato avanti da Leah Elliot, illustratrice che ha deciso di pubblicare liberamente un fumetto riguradante i sistemi che il browser Google Chrome usa per favorire il capitalismo della sorveglianza. Il fumetto si chiama Contra Chrome e lo puoi trovare in diverse lingue, tra cui l’italiano, qui.

Spero che questo articolo ti sia stato utile e che diventi un punto d’inizio per una maggiore informazione e approfondimento su queste tematiche.

 

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