È da molto tempo che desideravo scrivere questo post e credo che questo sia il momento migliore per farlo, visto l’argomento di cui voglio parlare. Non solo perchè è un fenomeno davvero interessante, ma soprattutto perchè mi sono ritrovato a viverlo in prima persona e ne sto uscendo piano piano. Come recita il titolo, oggi voglio parlare della mia esperienza con il burnout, quello che ho capito cercando in giro e come sto provando a uscirne.
Partiamo dalla descrizione del burnout: è una situazione di stallo, principalmente creativo ma che va in molti ambiti della vita di una persona, unito a stati di ansia, depressione o sindrome dell’impostore. Quest’ultima equivale al ritrovarsi nella situazione in cui si crede che nulla di ciò che ci capita di bello è meritato, anzi quasi rubato, portando ad avere paura di essere smacherato da qualcuno che scopra questa “malefatta“. C’è da specificare che il burnout, nonostante abbia delle caratteristiche universali, non è “diagnosticabile” e per questo si presenta diversamente in ogni soggetto sia a livello fisico che psicologico. Ma cosa ho vissuto io?
Il mio incontro col burnout è arrivato quasi inconsapevolmente, o almeno all’inizio, in un periodo in cui era difficile fermarsi per prendere un po’ di fiato tra i mille progetti e impegni che stavo portando avanti. Questo ritmo davvero frenetico è diventato presto insostenibile e, un giorno alla volta, ho iniziato ad avere sempre meno lucidità su quello che facevo, a sentirmi spesso molto stanco durante la giornata. Finchè il mio corpo non ha deciso di darci un taglio mollandomi con un 38 di febbre che mi ha letteralmente steso. E proprio durante la mia convalescenza ho iniziato a capire quello che mi stava succedendo.
Nel tempo speso per riprendermi ho riflettuto molto su quello che stavo facendo e mi rendevo sempre più conto che, anche da malato, percepivo l’ansia delle cose che dovevo ancora fare e che non sarebbero andate avanti senza di me: c’era qualcosa che non andava. Tale ossessione, quasi maniacale, per ciò che avevo lasciato in sospeso non mi rendeva felice ma solo più ansioso di fare la cosa successiva. Per non parlare della totale sparizione di qualsiasi tipo di ispirazione creativa: non riuscivo a scrivere o avere idee di qualsiasi tipo, mi ero bloccato.
Non nascondo che i primi giorni in cui presi consapevolezza di quello che stava succedendo ero abbastanza spaventato e iniziai subito a cercare in rete qualcosa in merito. Ho trovato molti spunti e ho cercato di attuare delle soluzioni che voglio qui condividere.
Uno dei primi consigli che mi sento di dare, e che previene le principali cause del burnout, è la capacità di avere una propria misura nel lavoro o in generale in quello che facciamo. Con questo intendo non solo il saper gestire bene le nostre energie e il nostro tempo, ma anche di imparare l’arte di dire di no. Sì, per me è un’arte perchè presenta delle difficoltà evidenti ma che con il suo esercizio, oltre a farci essere più liberi, diventa sempre più semplice e ne avremo sempre meno bisogno, visto che le persone inizieranno a capire cosa è il caso di chiederci e cosa no. Inoltre, fa capire agli altri e a noi stessi il valore del nostro tempo e del nostro lavoro, che non sono per tutti.
Per chi pensa, poi, che bisogna prendere tutte le opportunità possibili, mi sento di dire che la vita offre tante opportunità e solo quelle che noi decidiamo di prendere ci definiscono: se ne prendiamo troppe poche finiamo per non indentificarci in uno scopo; se ne prendiamo troppe la nostra identità perde di unicità e utilità, oltre a rischiare di non far fruttare nessuna di quelle che abbiamo scelto.
Un’altra cosa davvero importante è ritagliare del tempo per stare con le persone con cui stiamo bene. Amici, parenti o nuove conoscenze, vanno tutte bene pur di poter condividere il proprio percorso con qualcuno. Queste condivisioni ci fanno visualizzare meglio i problemi e ci permettono di prendere aria dai ritmi frenetici della vita. Ammetto che questo è, per me, uno dei più complicati assieme a quello sopra citato e dovrò ancora lavorarci.
Come il tempo da riservare per gli altri, anche i momenti per noi stessi sono fondamentali. Come possono insegnarci molto bene gli stoici, potersi prendere del tempo per rallentare e non fare nulla, ci aiuta a rimanere sì concentrati ma non ossessionati. Potersi, poi, ritagliare spazi in cui fare attività fisica, poter preparare un buon piatto o semplicemente prendersi una vera pausa, risultano le soluzioni ottimali.
Sempre rimanendo nella gestione del tempo, la creazione di sane abitudini e routine rendono stabili e automatici alcuni di questi comportamenti che ci fanno stare bene, senza perdere il ritmo o, meglio, cercando di rallentarlo. Con questo non voglio dire di fare tutti i giorni le stesse cose, ma di organizzare bene la propria vita, in modo flessibile, per dare spazio periodicamente agli altri e a noi stessi.
Infine volevo dare un consiglio in particolare a chi risente molto dello stallo creativo che il burnout può comportare:
La cura alla staticità è la pura e incontrollata curiosità.
Purtroppo abbiamo sempre inteso questa pratica come una vera perdita di tempo dimenticandoci totalmente di quanto possa essere istruttiva e rigenerante, oltre che ad aiutarci a comprendere sempre di più quello che ci circonda. Lasciarsi trasportare da un libro, da un argomento o da una discussione è l’unico modo per ricaricare la nostra creatività e avere sempre pensieri nuovi da applicare nella nostra vita.
Mi piacerebbe conoscere, quindi, anche altre esperienze, magari attraverso le opinioni di qualcuno che mi legge. Nel caso la casella di contatto è in fondo alla pagina.
Detto questo lascio alcune delle mie risorse che ho consultato in questo periodo, sperando possano essere utili: