Sono da poco tornato dalla Maker Faire 2023 tenutasi a Roma dal 20 al 22 ottobre e ancora sento forti le grandi emozioni che ho vissuto. É un’esperienza di cui non si può neanche immaginare l’impatto su un maker che non l’ha mai vista. Questa è stata la mia prima edizione e parteciparvici apre un mondo, sia su quello che altre persone hanno creato con la stessa passione che guida tutti i creativi, sia su quello che ognuno di noi può fare con le proprie mani. Ho voglia di raccontarvi nello specifico alcune delle storie e dei progetti che più mi hanno colpito e che mi stanno dando nuovo slancio per i miei percorsi creativi.
La fiera era divisa in diversi padiglioni, ognuno dei quali aveva un proprio tema che esprimeva al massimo ogni possibilità che le nuove tecnologie hanno da offrire: il padiglione preferito dai makers era ovviamente il “Make“ ma anche altri come il “Learn“, dedicato alla didattica e all’apprendimento delle nuove tecnologie, e il “Discover“, dove erano presenti le nuove frontiere dell’ innovazione, erano molto affollati. In alcuni di questi ho imparato molto dagli incontri che vi sto per raccontare.
Famiglia
La prima storia parte dal padiglione “Health“, dedicato alla medicina, alla ricerca e alla tecnologia al servizio della persona, in cui era presente un’associazione che metteva in mostra dei piccoli device stampati in 3D. Questi erano delle piccole protesi che i volontari stampavano per regalarle ai bambini che ne avevano bisogno. Chi legge questo blog da un po’ di tempo ha forse avuto una piccola riminescenza di un mio vecchio progetto. Vi dico non solo che questa riminescenza è corretta, e forse un vecchio episodio del diario di bordo può farvi ricordare ancora meglio, ma anche che esattemente quel progetto centra con i protagonisti di questa storia. Sto parlando dell’ associazione E-nable, una no-profit che distribuisce modelli e stampa device (non sono vere e proprie protesi come mi hanno detto) da donare ai bambini di tutto il mondo.
Quando abbiamo iniziato a parlare è stato bello vedere il loro stupore nel vedere un maker che già conoscesse il loro progetto e che l’abbia realizzato. Allo stand c’erano persone con storie di vita molto diverse: genitori che dopo aver avuto un figlio o un parente con la necessità di avere uno di questi device si è unito al progetto per dare una mano a chi si trovava nella stessa situazione, c’erano makers che hanno visto questo problema è hanno avuto la grande forza di volerlo risolvere, aiutando le persone con le competenze che avevano. Vedere quelle persone, quelle storie e di quanta forza avevano impiegato nel voler migliorare quel piccolo pezzo di mondo che si erano presi in carico, mi fa emozionare anche solo al pensiero e, infatti, nel nostro incontro non sono mancati momenti di commozione.
É con loro che ho imparato la prima faccia della comunità maker: una grande famiglia dove nessuno rimane indietro e dove le differenze di alcuni vengono valorizzate grazie alle competenze e alle tecnologie di altri. In questo incontro ho capito quanto bene si può procurare senza fare i salti mortali o avere dei superpoteri, solo con tanto amore e voglia di aiutare il prossimo.
Valore
La seconda storia riguarda un ragazzo di vent’anni che già quando era adolescente è riuscito a trasformare la propria passione in un lavoro attraverso l’autoimprenditorialità che Internet permette di costruire oggi. Sto parlando di Jack Daly (Hi Jack! I’m talking about your beautiful project here!) e della sua ultima creazione: i microcade. Nel suo stand presentava il suo ultimo prodotto dopo aver già fondato e venduto una startup di successo nello stesso settore.
Jack è partito dalla sua cameretta dove ha iniziato a sperimentare con schede Arduino e dopo tanta formazione nell’ambito dell’ingegneria elettronica ha deciso di coltivare uno dei suoi piccoli esperimenti e renderlo un prodotto finito. Così nasce 8BitCade, una piccola startup che crea kit per potersi creare la propria piccola console portatile e programmabile.
Il progetto viene prima finanziato tramite crowdfunding¹, dove ottiene grande successo, e poi commercializzato in tutto il mondo. In tutto ciò Jack aveva ancora 16 anni e si occupava di tutti gli aspetti di gestione dell’azienda, dalle assunzioni al marketing allo sviluppo del prodotto. Dopo due anni e circa 30 dipendenti assunti riesce a vendere la sua startup. Per motivi di contratto non mi ha potuto dire la cifra precisa ma mi ha fatto capire che fosse abbastanza elevata. Dopo altri due anni, però, non è riuscito a stare con le mani in mano e ha presentato microcade per ritentare l’impresa.
Quello che mi ha trasmesso questo ragazzo davanti il suo stand è una grandissima energia a determinazione: Jack era sicuro di quello che faceva, non del suo successo ma del percorso che stava facendo, a prescindere da dove lo avrebbe portato; Era quello che definirei un linguaggio totalmente nuovo che i maker hanno: un linguaggio fatto di aiuto reciproco, apprendimento continuo, grande dedizione e determinazione.
In un mondo dove chi fa impresa deve tenere nascosto il proprio lavoro pensando di poter mantenere un vantaggio, chi vive della propria passione ha necessità di dover condividere con più persone possibili quello che fa, dando valore alle persone. Spesso ci dimentichiamo di questo significato del “lavoro”, generare e condividere valore. I makers, invece, lo hanno ben chiaro.
Comunità
L’ultima storia che voglio raccontare è stata l’incontro con una delle personalità più importanti e influenti nell’ambito del making e dell’open source. Parlo di Alessandro Ranellucci, programmatore, manager per Arduino Makers BU e curatore della fiera. Conobbi Alessandro quando costruii da zero la mia prima stampante 3D utilizzando il suo software open source Slic3r² che al tempo creò un nuovo standard software e su cui si basano tutti i software di slicing moderni.
Leggendo e ascoltando gli articoli, le interviste e gli speech di Alessandro si può imparare tutta la cultura digitale open in una volta sola: non solo è una persona estremamente competente tecnicamente, ma anche eticamente e filosoficamente preparata, sicura e consapevole. Questo permea anche nel suo lavoro, dalla struttura della fiera, in cui ogni singolo stand è stato visionato e scelto con cura per far immergere i visitatori nella cultura digitale, alle scelte adottate per comunicare e aiutare le community dei progetti open source.
Il nostro incontro è stato semplice e breve, ma che mi ha fatto parecchio riflettere: mentre faceva un piccolo autografo sul mio primo Arduino e abbiamo parlato del FabLab aperto l’anno scorso, di come l’ho conosciuto e di quello che è stato possibile grazie al suo contributo nell’open source. Le cose che, però, mi colpiscono ancora oggi sono due:
- La sua forte umiltà ed empatia, quasi come se ci conoscessimo da una vita.
- La frase con cui mi ha lasciato, dicendomi:“Grazie per creare FabLab dove ce n’è bisogno”
Questi due aspetti mi hanno sin da subito dato un messaggio chiaro: i makers sono una comunità più inclusiva e importante di quanto pensavo. Ho iniziato a vedere i makers non solo come le classiche persone nei propri garage che fanno piccoli progettini d’elettronica ma come dei risolutori universali di problemi, delle persone che si sono fatte quelle domande in più trovando soluzioni semplici a problemi complessi condividendole con tutti.
In sintesi, quello che la Maker Faire insegna è che ognuno di noi può essere un maker e, anzi, tante persone lo sono senza rendersene conto. Chiunque può provare a trovare delle soluzioni ai propri problemi, piccoli o grandi che siano, e dare agli altri la possibilità di fare lo stesso. Con questo monito, quindi, bisogna mettersi in gioco per inseguire questo ideale di condivisione della conoscenza e delle competenze per migliorare insieme il mondo.
Un messaggio molto forte in un’ epoca in cui le persone si dividono sempre di più e dove lo scontro e la competizione prendono sempre più posto a scapito della cooperazione e della condivisione.
¹Un modo per ottenere finanziamenti tramite la propria community: si pubblica il proprio progetto in una piattoforma adibita (KickStarter è la più famosa) e si fanno dei pacchetti acquistabili per chi vuole supportare il progetto. I pacchetti possono dare accesso al prodotto con un particolare sconto quando questo sarà prodotto o anche altri tipi di vantaggi. Quando si raggiunge una quantità di fondi abbastanza elevata per avviare la produzione (fissata da chi avvia la campagna), il prodotto, se tutto va per il verso giusto, inizia la produzione e la commercializzazione. Per capirne di più lascio questo articolo.
²Software di slicing di stampa 3D ideato nel 2011 da Alessandro Ranellucci e Joseph Lenox. Questo tipo di software crea file di codice che le stampanti 3D possono comprendere per creare gli oggetti che abbiamo disegnato. Per maggiori informazioni visitare il sito ufficiale del progetto.