Nel giorno in cui scrivo in Italia si sono appena concluse le ultime elezioni. Non voglio fare alcun tipo di commento su come sono andate le cose riguardo questo evento che, però, ha accesso in me una riflessione. Come sappiamo, il voto in una democrazia è lo strumento cardine della libertà di un cittadino, ma quando vediamo i commenti che sono stati fatti in merito ai risultati non si parla mai di libertà, quanto di responsabilità.
“Se <candidato x> è stato eletto siete anche voi responsabili!”, “Per colpa vostra <partito y> ha avuto la meglio!”. Insomma sui social vedevo questo genere di frasi e sempre più mi chiedevo: ma quando si è pensato a votare, chi ha accennato alla propria responsabilità, non hanno parlato tutti di libertà del voto? Libertà e responsabilità sono collegate o son cose distinte e separate?
Per rispondere a queste domande ho provato portarle nel mio mondo ripensando a un volumetto che mi passò qualche anno fa sotto mano e che lessi con grande interesse, visto che mi fece conoscere un personaggio altrettanto curioso. Il nome del libro è “Software libero, pensiero libero” dell’informatico e creatore del kernel GNU Richard Stallman.
L’opera è un vero e proprio manifesto della comunità del software libero che esprime in modo particolare il rapporto tra libertà degli strumenti e responsabilità nel loro utilizzo: per Stallman, infatti, il software è libero non solo quando è open source, e quindi liberamente consultabile, ma anche distribuibile, copiabile e riadattabile a piacimento. Pertanto, egli definisce sin da subito questa differenza tra software libero, free ( inteso come gratis ) e open source.
Il fulcro del discorso arriva proprio qui: tutti e tre i tipi di software esprimono delle libertà, ma il cambiamento reale sta nelle responsabilità che si hanno su quel software. Il software free, ad esempio, ha come unica libertà quello di essere gratuito e, perciò, l’utilizzatore finale non ha responsabilità nè controllo sul funzionamento di quest’ultimo.
Quello che, però, Stallman definisce come software libero è l’apoteosi della totale libertà dell’utente che, nel limite delle licenze legali, può fare quel che vuole con il software in suo possesso avendo, a quel punto la massima responsabilità sulle sue funzionalità.
Il problema principale di questa filosofia, e che l’autore riconosce con rammarico, è che per sfruttare queste libertà l’utente deve conoscere davvero molto su come fuzionano i prodotti di questo tipo.
La libertà che molti possono apprezzare nel totale controllo dei propri strumenti può spaventare chi se li trova davanti per la prima volta, rimanendo immobilizzato dalle innumerevoli possibilità.
Nessuno vorrebbe prendersi la responsabilità di avere rotto un pc che si è acquistato con tanta fatica e mesi di lavoro solo perchè si voleva provare ad aggiungere una funzione aggiuntiva al nostro programma di scrittura preferito. Questo è sicuramente un esempio innaturale ma spiega bene come la comunità tutta si sia adagiata su prodotti informatici sempre meno personalizzabili e modificabili.
Da qui nasce la cultura hacker, che basa la sua filosofia sulla possibilità di poter sfruttare al massimo gli strumenti a propria disposizione utilizzando la conoscenza acquisita. Questo modo di pensare fuori dagli schemi preconfezionati porta anche a un’indirizzazione delle conoscenze e della propria libertà di azione, rendendo l’esperienza di utente libero più avvincente e meno impegnativa.
Possiamo collegare il concetto di libertà e responsabilità anche a quello che ci siamo detti riguardo al capitalismo della sorveglianza, in un post scritto qualche tempo fa: le macchine, essendo strumenti inanimati, non posseggono libertà e, quindi, le responsabilità del loro utilizzo sono da attenzionare ai loro utilizzatori. Come abbiamo visto nel post,
negli ultimi decenni quelle macchine sono state usate contro il nostro diritto alla privacy e l’errore, forse, più grande che abbiamo commesso era dare la colpa a una serie di linee di codice e non a chi ne ha rivendicato il possesso.
Cercando di riassumere: libertà e responsabilità sono le due faccie della stessa medaglia, in cui dove c’è espressione della prima esiste imprescindibilmente la seconda. Se noi, perciò, aspiriamo a rivendicare ed esprimere delle nostre libertà, dobbiamo sempre ricordarci che, una volta ottenute, siamo responsabili delle azioni compiute in loro virtù e delle conseguenze connesse.
In definitiva, direi che quello a cui dovremmo aspirare non è essere persone solo più libere ma, prima di tutto, più responsabili rispetto a ciò che facciamo e diciamo, cercando di far fare lo stesso anche a chi ci sta intorno.